venerdì 15 febbraio 2008

Lucca: i “bonus” usati come utile capro espiatorio

Assistiamo inebetiti allo sconcertante scaricabarili degli organi competenti e delle istituzioni che, a parole, dichiarano la loro attenzione al territorio e poi non sono capaci di coordinarsi affinché l’obiettivo sia raggiunto.L’iniziativa contro l’ulteriore cementificazione rischia di esaurirsi in una bolla di sapone, dal momento che c’è la sensazione che ancora una volta, attraverso l’utile creazione ad hoc di un capro espiatorio, nella fattispecie i famigerati “bonus”, si voglia dichiarare chiusa la questione cementificazione, addossandone ad essi la colpa.Nella sostanza continua ad imperare la solita politica urbanistica che, a parole, tutti hanno abiurato, anche molti di quelli che ne sono stati gli artefici, salvo poi continuare a praticarla e a garantirla.Naturalmente siamo anche ben consapevoli che il soggetto capro espiatorio, individuato nel bonus, è stato soltanto un espediente che vuol servire a distogliere l’attenzione sul vero problema, e che in nella realtà gli si possa imputare molto meno di quello che si vuol far credere circa il suo apporto alla suddetta cementificazione.Anche in Consiglio Comunale, un banale, insistito, emendamento si è rivelato utile alla cementificazione, innescando una polemica pretestuosa che ha fatto impantanare il Consiglio, facendo venir meno l’approvazione della delibera di salvaguardia e dando cosi il via libera a ciò che stava maturando sul territorio. La questione è stata ampiamente dibattuta in cronaca dove molti hanno svolto il loro compitino, altri si sono guardati bene dall’intervenire per paura di bruciarsi, compitino ritenuto necessario ma alla luce dei fatti, ad oggi, insufficiente. Dietro a tutto ciò crediamo che non alberghi solo incompetenza e superficialità. Siamo più propensi a pensare che ci sia una iperbolica quota di ipocrisia di chi governa il territorio ( in senso lato ), capace di predicare bene e poi razzolare male. Del resto questo è un comportamento molto diffuso nel nostro Bel Paese.L’altra riflessione, anch’essa peraltro non nuova, è quella che nel momento in cui si mette in mano l’Urbanistica agli avvocati, quasi sempre si rischia di abdicare alla propria funzione e al proprio ruolo, sia tecnico che politico; spesso anzi è il sintomo che manca un progetto, un’idea di cosa si vuol fare del territorio, di quali sono le priorità di intervento, delle politiche da attivare per favorire il raggiungimento di un obiettivo rispetto ad un altro.La vicenda sui bonus, come quella sulla riduttiva interpretazione delle “addizioni funzionali” è a tale proposito emblematica. Il cittadino la vede come una raschiatura del barile per diminuire la quota di invenduto di tutto ciò che si è costruito e che si ha intenzione di costruire ex novo. Il cittadino vive questa vicenda come un grave danno e impedimento rispetto al soddisfacimento dei propri bisogni reali. Fa pensare l’unanimità raggiunta in Consiglio Comunale sulla riduzione dei bonus, con l’aggiunta del dovuto ritardo che qualcuno ha accolto con entusiasmo.A nostro parere, inoltre, è stata fuorviante l’affermazione che complessivamente i bonus assommavano la volumetria di due interventi di progetti norma, del tipo di quello di Via Einaudi a S.Anna, per cui andavano bloccati. Tale affermazione si presta ad alcune considerazioni. Una prima considerazione riguarda il fatto che una cosa è distribuire sull’ intero territorio tale volumetria con la conseguenza di un impatto molto ridotto; cosa ben diversa è invece concentrare tutta la volumetria in uno o due interventi, nel qual caso l’impatto è iperbolicamente superiore. Un’altra considerazione è quella che bloccando e riducendo i bonus di fatto si viene a liberare una domanda di abitazioni che andrà a concentrarsi proprio sui grandi progetti norma che presentano un problema di invenduto.Morale della favola, prima si è fatto costruire poi si attiva una politica che salvaguarda la commercializzazione di tali beni. Naturalmente fregandosene della configurazione che andrà ad assumere il territorio. La configurazione che si va sedimentando infatti prescinde dalla ricerca di un riequilibrio tra Centro Antico, periferia e territorio nel suo insieme; viene in tal modo perseguita una politica forte dal punto di vista speculativo e debolissima sotto l’aspetto urbanistico.Si va sedimentando un “costruito” che penalizza il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente, con il rischio di ridurre e degradare il presidio antropico nei territori periferici ed agricolo boschivi, e di innescare una sorta di “neourbanesimo senza fondamenti”, confuso e disordinato, allocato in spazi e tempi non adeguatamente pensati e gestiti in modo da garantire un obiettivo di qualità.Questo tipo di politica non è conforme ai principi della legge urbanistica regionale che, introducendo il principio di economicità delle risorse e di tutela delle risorse essenziali ( art.3, c.4 ), ribadisce l’assoluta priorità del recupero edilizio ed urbanistico, al fine di contenere “…nuovi impegni di suolo a fini insediativi e infrastrutturali…”, nuovi impegni sono consentiti “…esclusivamente qualora non sussistano alternative di riutilizzazione e riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti.”Non è così che si dovrebbe “costruire” la Città del terzo millennio. Andando avanti di questo passo il rischio è di tramandare ai posteri una “Città della rendita” e della speculazione edilizia, che relega in un angolo tutti quegli ingredienti di urbanità e di qualità che nobilitano la Città a “Luogo” e non semplicemente a “Merce”.
Lucca, 15.02.2008.
OCL.OltreserchioeCollineLucchesi

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