Don Aldo Antonelli
da Huffington post.it
Le tre false verità del Cavaliere
"Un giorno ho capito che si
poteva mentire dicendo la verità, la peggiore fra le menzogne", scrive
lapidariamente Jean Sulivan, cui fa eco la confessione spiazzante di Ennio Flaiano che
nel suo Diario degli errori scrive: "Una volta credevo che il
contrario di una verità fosse l'errore e il contrario di un errore fosse la
verità. Oggi una verità può avere per contrario un'altra verità, altrettanto
valida, e l'errore un altro errore". Questa tossica miscela di "verità"
che in effetti, poi, risultano essere delle "mezze verità",
accompagna quale diabolico viatico la critica di Berlusconi al governo Monti a
giustificazione della sua ennesima ri-ridiscesa in campo: "Il suo è il
governo delle banche", oppure: "Tutti gli indici sono negativi"!
Sacrosante verità che in bocca a
Berlusconi diventano perfide mezze verità.
Noi non abbiamo nessun debole verso
il Governo Monti cui tuttavia riconosciamo un comportamento da statista
rispettabile, serio e in aperto stridore con i balletti clownisti del suo
predecessore. Ma abbiamo l'impressione che se la politica di Monti che nelle
intenzioni originali voleva coniugare la severità con l'equità si è trovata poi
di fatto a dover modulare solo il termine dell'austerità sulla pelle viva dei
soliti noti, ciò si debba anche al NO tassativo che il Pdl ha sempre opposto ad
ogni tentativo di tassazione delle rendite e/o dei capitali.
Questa è una prima mezza verità che
il mentitore nasconde financo a se stesso, oltre che all'accozzaglia di servi
contenti che continua ad invocarlo ed acclamarlo.
L'altra mezza verità è questo
contraddittorio sfiduciare Monti e nel contempo invitarlo a guidare la sua
"coalizione dei moderati", promettendo, nel caso, di ri-rifare (anche
qui...) un passo indietro!
Non si capisce il gioco e non si conosce cosa si nasconda dietro.
Non si capisce il gioco e non si conosce cosa si nasconda dietro.
Ma c'è, ancora, una terza mezza
verità "indicibile": è il tipo di crisi che stiamo attraversando e
alla cui origine la politica di destra di Berlusconi ha contribuito a dare
linfa e al cui avanzamento ha sempre spalancato le porte. In altre parole, ci
chiediamo: perché, quando si parla di crisi, non si menziona mai il lungo
processo che ha permesso all'economia di farla da padrona senza regole alcune,
di aprirsi impunemente alla speculazione finanziaria e al profitto immediato
(di pochissimi) a tutti i costi? E chi ha reso la politica
"impotente" all'intervento?
Questo processo di emancipazione
dell'economia da ogni controllo politico e sociale ha avuto inizio negli anni
ottanta ad opera della crociata reazionaria di Reagan e della Thatcher, una
specie di controffensiva conservatrice cui Berlusconi e i suoi governi hanno
fatto da bordone. Lui gridava nelle piazze e negli studi televisivi, a voce e
tramite giornali-sicari "Più Mercato e meno Stato!". E, ancora,
"privato è bello!".
Noi siamo ormai dentro questa trappola; ma si tratta di una trappola preparata da decenni di fede assoluta nel denaro e nel mercato.
Noi siamo ormai dentro questa trappola; ma si tratta di una trappola preparata da decenni di fede assoluta nel denaro e nel mercato.
E' chiaro: il governo Monti si muove
all'interno di questa trappola e le stesse sinistre sembrano muoversi ed
agitarsi dentro questo mondo senza osare di ribaltarlo.
Ci rendiamo conto delle difficoltà,
considerata anche la complessità della situazione, che non è solo e non più
politica o economica o sociale, ma culturale. "Le voci che con lucidità
hanno studiato i totalitarismi del Novecento", scrive il filosofo Roberto
Mancini, (da Horkheimer e Adorno a Foucault, da Arendt a Girard) ci hanno
avvertito: "il sistema organizzativo che più minaccia la libertà umana e
la vita comune, quello più pericoloso per forza, capacità di sovranità e di
ricatto, è il sistema economico". Ma proprio perché questo sistema fa un
tutt'uno con il sapere e il sentire di un popolo, proprio perché lo stesso
immaginario del popolo è stato colonizzato e clonato sui parametri della
produzione e del possesso, dell'acquisto e del consumo, "gli ostacoli che
si frappongono alla liberazione, alla sicurezza sociale, alla giustizia, a una
società più umana e al rispetto della natura sono in primo luogo ostacoli di
ordine culturale, che riguardano la mentalità collettiva, la credulità, la
malafede di alcuni e l'ottusa 'buonafede' di moltissimi".
Ma, soprattutto, quella cultura
dell'amnesia o della memoria corta di cui, il Caimano, come un virus, ha
infettato questo Paese con le sue televisioni e le sue televendite trasmesse
"urbi et orbi". In diafana opalescenza, così come nella trasmissione
Domenica Live del 16 dicembre scorso. "Le bugie più pericolose, secondo un
aforisma di Georg Christof Lichtenberg, sono le verità leggermente
deformate"!
* Questo articolo è in uscita anche
presso Adista Segni, n. 47 del 29.12.2012